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  • Tito Lucrezio Caro
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  • Siamo nell’età di Cesare. Non quella di Lucrezio. Il suo poema è di carattere filosofico e scientifico, col quale vuol liberare l’uomo dalle sue paure principali. E’ una persona complessata, caratterizzata dalle numerose seghe mentali. Passava le serate, invece che uscire con gli amici, a riflette sulla crisi del costume e del valore tradizionale, causata dalle guerre civili, la congiura di Catilina, la guerra gallica, parlando da solo allo specchio, nudo, sorseggiando luppolo non lavorato. L’uomo non si rifugia più nella religione antica, ma in riti orientali e culti misterici, in pratica tutti scopano, tranne Lucrezio. L’autore fa riferimento alla filosofia epicurea, perché non aveva voglia di pensare molto.
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  • Siamo nell’età di Cesare. Non quella di Lucrezio. Il suo poema è di carattere filosofico e scientifico, col quale vuol liberare l’uomo dalle sue paure principali. E’ una persona complessata, caratterizzata dalle numerose seghe mentali. Passava le serate, invece che uscire con gli amici, a riflette sulla crisi del costume e del valore tradizionale, causata dalle guerre civili, la congiura di Catilina, la guerra gallica, parlando da solo allo specchio, nudo, sorseggiando luppolo non lavorato. L’uomo non si rifugia più nella religione antica, ma in riti orientali e culti misterici, in pratica tutti scopano, tranne Lucrezio. L’autore fa riferimento alla filosofia epicurea, perché non aveva voglia di pensare molto. Di Lucrezio sappiamo che nasce attorno al 96 e muore nel 53 a.C., come ci dice Gerry Scotti in una puntata di Chi vuol essere milionario?, che si rifà a notizie di Svetonio, autore latino, secondo cui Lucrezio sarebbe impazzito dopo essersi fumato una canna dai forti poteri mistici e che avrebbe scritto l’opera negli intervalli della sua malattia mentale, tra visioni di draghi volanti e angioletti che giocavano a poker e poi si sarebbe tolto la vita ancora giovane. L’opera fu poi pubblicata a cura di Cicerone, stampata sui rotoli di carta igienica Scottex. All’inizio del rotolo è stampato il titolo: De Rerum Natura, copiata da Epicuro, dalla sua ‘sulla natura’. Altri da cui copiò sono Empedocle d’Agrigento e Democrito. La tesi della pazzia sembra essere confermata da alcuni passi che descrivono corse di cani che si rincorrono alla ricerca di un famigerato boccino d’oro, inseguiti a loro volta da conigli che cavalcano colombe bianche che volano componendo una treccia in cielo. Lucrezio è pazzo, volano parallelamente le colombe. Lucrezio fu così sfigato, senza amici, che si creò amici immaginari. Uno di loro è Caio Memnio, un tizio di cui non sentirai mai parlare in tutta la storia romana, ma che in Lucrezio rappresenta un’antica famiglia aristocratica, un optimate, al quale Lucrezio dedica pure l’opera. Evidentemente ci era affezionato. Lucrezio si fa tante seghe mentali, denunciando di aver vissuto in un periodo di crisi e la sua opera nasce dal contesto storico, ma non è determinato solo da esso, dalla crisi della repubblica, ma anche dalla sua particolare visione dell’uomo, in versione epicurea, poetica, un po' emo. Epicuro scrisse in prosa, ma Lucrezio dice che la forma poetica è abbellimento per il messaggio. Nonostante la promessa, scrisse di merda. La filosofia epicurea era l’unica che potesse liberare l’uomo dalle sue paure, secondo Lucrezio, e lui la diffonde perché la gente ancora si divertiva a giocare a nascondino e a spaventarsi. Lucrezio voleva liberare tutti dalla paura, ritirando dal mercato le copie dei film The Ring, Shining e via dicendo. Tra una canna e l’altra, quotò il suo caro amico defunto Epicuro additando la felicità nella 'atarassia', ovvero l’assenza di turbamenti, e questo si otteneva isolandosi dalla vita pubblica, politica, le ambizioni e soddisfazioni mondane, e si otteneva dedicandosi alla masturbazione, rinchiusi in camera. Secondo questa filosofia, basta la masturbazione e un po’ di lubrificante (assenza di dolore fisico). Epicuro chiama ciò piacere catastematico (piacere in stato di quiete), per distinguerlo dal piacere cinetico (piacere sfrenato), cui lui poteva solo aspirare. Epicuro distinguerà tra i piaceri naturali, necessari e fattibili (masturbazione), piaceri naturali, necessari, ma poco fattibili (la stessa pratica, ma magari con un partner), piaceri impossibili (orge). Lucrezio descrive Epicuro come un generale salvatore dell’umanità, vestito con una sola foglia di fico, e appunto tutto fico. Sappiamo che c’era una relazione amorosa tra i due, ma solo per Lucrezio, cioè Epicuro non lo sapeva. Nella sua opera, Lucrezio si rivolge all’amico immaginario Caio Memnio, per renderlo maggiormente dotto della filosofia epicurea, ma non solo lui, si rivolge a un po’ tutta l’umanità, perché si sente solo ed è uno sfigato. Egli, nella sua visione di perfetto e convinto emo, vuole spiegare che tutto ciò non nasce da una volontà degli dei, questo timore nasce dall’ignoranza della realtà, delle leggi fisiche e meccaniche che governano il mondo. Egli ha una concezione materialistica dell’universo, nulla nasce dal nulla, nulla svanisce, tutto si rigenera, tranne l’erba, che cresce da sola, e svanire in tutto il suo fumo. Gli dei intervengono nella vita degli uomini unicamente per far generare erba, erba ed erba ancora, e non si occupano di altro, non sintetizzano la cocaina, non spacciano, poiché vivono nella loro atarassia (anche loro si dedicano alla convinta masturbazione). Gli dei vivono negli intermundia, camere piene di giornalini e videocassette porno.